Uno dei più diffusi portafortuna dell'Italia meridionale è il corno. Usi e costumi tradizionali lo indicano come amuleto, scacciaguai e utile protezione contro invidie, malocchio e imprevisti d'ogni tipo. Ma come nasce il mito del cornetto? Per scoprirlo bisogna andare a ritroso fino al 3500 a. c. e scavare in un insolito intreccio di storia, mitologia e antropologia.
Nell'età neolitica gli abitanti delle capanne erano soliti appendere sull'uscio della porta corna di animali, simbolo di potenza e fertilità. La fertilità veniva associata alla fortuna perché: più il popolo era fertile più era prospero, e quindi fortunato. Nella mitologia egizia invece si era soliti offrire dei corni come voto alla dea Iside (dea della maternità e della fertilità), affinché assistesse gli animali nella procreazione, in quanto essi erano sostentamento e ricchezza delle tribù. Nella mitologia greca si narra invece che il padre degli dei Zeus, per ringraziare le ninfe Adrastea ed Io, che l'avevano cresciuto, donò loro un corno simbolo di buona fortuna.
Nella cultura italica invece, i romani, commercianti e uomini pratici, ritenevano il corno simbolicamente rappresentante il fallo, dunque metafora di prosperità ottimo portafortuna per affari, denaro ed attività produttive. E' solo nel medioevo che l'uso del corno assume dimensioni magiche, divenendo referente apotropaico per antonomasia: simbolo di fortuna, buona sorte e dell'allontanamento delle influenze maligne. Per rilasciare i propri influssi benefici, il talismano, doveva essere realizzato esclusivamente a mano. Rosso perché questo colore simboleggiava il sangue dei nemici vinti. Fatto a mano perché, si riteneva nelle arti magiche, che ogni talismano acquisisse i poteri benefici dalle mani del produttore.
Tutt'oggi rimane nella tradizione napoletana l'uso del “curniciello” ritenuto oggetto scaramantico e allontanatore della “jella”.
I corni prodotti alla Fornace Falcone sono alti 40cm oppure 80cm.